Un reportage dalle sfumature dorate su carta DPII in finitura Matt
Cover me with gold di Gianmarco Maraviglia
Il fotoreporter Gianmarco Maraviglia ci racconta i retroscena del suo progetto Cover me with gold, realizzato per l’edizione Noi, qui del Fotografica Festival 2023 di Bergamo che il fotografo stesso definisce “una delle poche realtà italiane in grado di veicolare la modernità dello storytelling d’autore”.
Cover me with gold per Fujifilm e Fotografica Festival
Cover me with gold è la storia è la storia dei ragazzi e delle ragazze del Sant’Ambroeus, la squadra di calcio milanese che ha aperto le porte a giovani immigrati, richiedenti asilo, persone in attesa di permesso di soggiorno e in generale giovani che spesso vivono ai margini. Il Sant’Ambroeus ha svolto e svolge una vera e propria azione di inclusione sociale.
L’approccio narrativo scelto fa intravedere diversi livelli di lettura nel progetto, il più evidente è quello che dà anche il titolo al lavoro.
“Ho deciso infatti di ricoprire alcuni dei soggetti con una lamina d’oro, per ricordarne il valore simbolico di successo sportivo e sociale, ma anche il colore delle coperte termiche che accolgono molti migranti nei nostri porti. Inoltre, alcune immagini sono volutamente fuori fuoco proprio a simboleggiare l’invisibilità che spesso caratterizza il loro quotidiano.
Insieme alla curatrice Chiara Oggioni Tiepolo ho lavorato molto sulle scelte stilistiche e di editing. Ho voluto accostare immagini a colori con quelle in bianco e nero, creando una sorta di caos narrativo per rappresentare l’insieme di esperienze, origini, culture e lingue diverse, ma anche di vite spesso non lineari.”
Gli strumenti: il Kit di Fujifilm
Il progetto è stato interamente supportato da Fujifilm, dal corredo utilizzato per gli scatti, fino alla scelta della carta fotografica per le stampe. Gianmarco Maraviglia ha condiviso con noi la sua riflessione rispetto al sistema utilizzato e alla relazione intima che lega il fotografo ai propri strumenti.
“Da tempo ammetto di essermi affezionato al Large Format di Fujifilm.
Per un insieme di fattori, quando ho in mano questa fotocamera entro in una modalità fotografica diversa, alla quale affido il mio aspetto più autoriale, che mi porta più vicino ai soggetti e alla storia, in modo più riflessivo e introspettivo.
Processo narrativo e riflessioni sul fotogiornalismo
Il fotoreporter si racconta anche a livello personale, spiegandoci come nel corso degli anni il suo processo narrativo e creativo sia cambiato e si sia evoluto, diventando più personale, e condivide con noi alcune riflessioni e spunti attuali a proposito del fotogiornalismo.
“Cover me with gold rappresenta un esempio perfetto di come sia maturato il mio processo creativo. Prima di tutto perché nasce come mostra commissionata da Fotografica Festival in collaborazione con Fujifilm, e non come progetto puramente editoriale. Si sviluppa attraverso un serrato confronto con la mia curatrice Chiara Oggioni Tiepolo. Confronto fondamentale in una ottica di decostruzione di archetipi narrativi documentaristici, verso una nuova visione della storia in cui contenuti a approccio si fondono per dare vita a qualcosa di nuovo. “
La realtà del Sant’ Ambroeus è una realtà dalle idee sociali e politiche molto chiare. Come fotoreporter ho avuto modo di raccontare storie di migranti in tantissimi contesti negli ultimi anni, documentando la sofferenza umana e l’ingiustizia in decine di campi profughi nel mondo: Grecia, Cipro, Malta, Libano, Egitto, Iraq, Kurdistan. In quei contesti, prima di avere la loro autorizzazione per poter seguire e fotografare i soggetti, c’è stato un importante momento di confronto con essi. Ci siamo però capiti molto velocemente e da lì in poi sono praticamente diventato invisibile ai loro occhi, pur mantenendo qualche limite riguardo ad alcune situazioni.
Dallo scatto alla stampa
“In Cover me with gold il tempo tra l’ideazione del lavoro e la fase di scatto è stato molto breve: mi sono subito immerso nel contesto. È stata dunque fondamentale la mia conoscenza del mezzo fotografico e del sistema di Fujifilm.
Anche passare da una camera all’altra – solitamente io lavoro tenendo le due camere al collo – è stato un passaggio assolutamente naturale. Ammetto di essere un po’ ossessionato dal totale controllo su tutto il processo del mio lavoro. In realtà però lavori come questo sono il frutto di una intensa collaborazione con altre figure, in primis la mia curatrice, ma in gran parte anche Fujifilm, che mi ha supportato dalla fase di scatto fino alla stampa su carta fotografica.
Come supporto stampa è stata infatti scelta la carta fotografica Original Photografic Paper di Fujifilm, nello specifico abbiamo utilizzato carta DPII in finitura Matt